domenica 22 aprile 2012

Ritorno al quotidiano...



La settimana a Trevinano è volata...
Sono stati giorni intensi e faticosi ma ricchi di tante cose belle. Trovare due stelle della cucina italiana così affabili e così capaci di trasmettere il loro sapere non credo che sia facile.
Iside e Romano ci hanno insegnato con semplicita e maestria il loro sapere.
Tutto questo è stato reso ancora più grandioso dal valore aggiunto di questi due ragazzi così piacevolmente umili e pieni di buoni sentimenti.
Altro motivo per cui lasciare questi luoghi è stato difficile è l'inaspettata "brigata"... Familiare, allegra, brillante, infaticabile e di...vino!!!
Compagni di avventura migliori non si potevano avere. Spero di non perderli nello scorrere inesorabile del tempo e della fretta della vita quotidiana...
Ultimo ma non tale, a completare tutta questa sorta di magia, "L'albero Bianco" con Marco e Patrizia.
Nelle calde mura del loro B&B ci hanno coccolati, viziati, incoraggiati. Posto meraviglioso abitato da persone meravilgiose.
Sono felice di essere stata tra le prime persone a frequentare questo master. Spono felice di quello che ho imparato.
Sono felice che sia andata così.
http://www.alberobianco.com     

lunedì 16 aprile 2012

Sono qui...e vivo di cucina !

A partire dal 16 aprile 2012, Iside de Cesare Chef patrona del Ristorante "La Parolina" 1* Michelin di Acquapendente, offre un'importante opportunità rivolta a tutti i professionisti e studenti del settore.
Una settimana di lezioni Full-Immersion presso il suo ristorante,  con la possibilità di pernottamento.
Un vero e proprio master, alla scoperta dei segreti e suggerimenti di una grande stella del firmamento Culinario Italiano.














Iside, nata a Roma, dopo aver intrapreso per due anni la facoltà di ingegneria, abbraccia il mondo della cucina, facendo esperienze tra i “guru” della ristorazione capitolina come Agata e Romeo e la Pergola dell Hilton nonchè fuori le mura come da Salvatore Tassa alle Colline Ciociare. E’ alla Frasca di Castrocaro Terme, altro tempio della gastronomia Italiana, che approda come chef pasticcera ivi conosce Romano, forlinese Dop, anche lui reduce da esperienze nel panorama gastronomico italiano come Gualtiero Marchesi a Erbusco, il Rigoletto a Reggilo e in Svizzera. Decidono di mettere le tende in quel di Trevinano dove aprono La Parolina, un piccolo ameno ristorante di campagna con la possibilità di cenare nella terrazza esterna durante le calde sere d' estate. Nel periodo autunnale si possono assaggiare i funghi dell' Amiata, i tartufi delle crete senesi, la cacciagione dal capriolo alla lepre, dai piccioni fino alle rinomate razze vaccine che pascolano in queste terre. Il pesce sempre fresco, proveniente sia dal vicino Lago di Bolsena sia dal mar Tirreno, viene scrupolosamente e quotidianamente selezionato presso Marta. Tutto fatto in casa dalla pasta tirata al mattarello, come la tradizione vuole, al pane servito in diversi assortimenti, ai grissini, ai dolci, ai gelati e in conclusione anche i cioccolatini e la piccola pasticceria.

venerdì 13 aprile 2012

Vivere slow...viviAmo!

 Vivere slow, assaporare lentamente i piaceri della vita, godendo ogni istante della propria vita sembra impossibile e inverosimile.
Vivere slow è una filosofia di vita, un modus vivendi che vale la pena adottare soprattutto quando si hanno dei figli…ma come fare a vivere lentamente nella frenesia di giornate scandite da sveglia presto, porta i nani a scuola, vai a lavoro, riprendi i nani da scuola, portali a nuoto, calcio, danza, torna a casa, lava, stira stendi e cucina???!!! solo a dirlo e a leggerlo viene la stanchezza!!!
In macchina, imbottigliati nel traffico, si passa deltempo che potremmo dedicare all’osservazione di ciò che abbiamo intorno. Le nostre città sanno darci degli scorci davvero meravigliosi ma noi, presi da mille pensieri, assuefatti dalla routine, non li vediamo nemmeno. Un tramonto ha il suo fascino anche in coda sul GRA (grande raccordo anulare di Roma, l’incubo di ogni pendolare romano!) fermarsi nella bottega del fornaio e assaporare l’odore del pane, dei dolci…dedicare 2 secondi in più a gustare cappuccino e cornetto in un bar..insomma, cerchiamo di leggere tra le righe della nostra vita!
Per vivere slow non serve scappare dalla città ma imparare a viverla in maniera diversa. Se non riuscaimo da soli a sposare questa filosofia ma vogliamo imparare, ci vengono in aiuto molte associazioni nate slow:
Slow food: “Slow Food significa dare la giusta importanza al piacere legato al cibo, imparando a godere della diversità delle ricette e dei sapori, a riconoscere la varietà dei luoghi di produzione e degli artefici, a rispettare i ritmi delle stagioni e del convivio.
Slow Food afferma la necessità dell’educazione del gusto come migliore difesa contro la cattiva qualità e le frodi e come strada maestra contro l’omologazione dei nostri pasti; opera per la salvaguardia delle cucine locali, delle produzioni tradizionali, delle specie vegetali e animali a rischio di estinzione; sostiene un nuovo modello di agricoltura, meno intensivo e più pulito.”
Slow travel:  “proponiamo di esplorare le possibilità viaggiare in modo più calmo, cercando il giusto equilibrio tra riposo, divertimento e conoscenza. Selezioneremo quindi attentamente le destinazioni, esploreremo i paesaggi non limitandoci ad ammirarli, assaporeremo il cibo locale di stagione, cercheremo di comprendere anche l’evoluzione sociale dei luoghi visitati. E al ritorno condivideremo le nostre esperienze con i nostri amici, usando www.slowtravel.it e la rete come un moderno focolare. Solo riscoprendo questo modo antico di viaggiare potremo dire veramente che il tempo dedicato al viaggio è un vero e proprio investimento”
Slow sex:”In un’epoca in cui tutto è veloce, si sente il bisogno di riscoprire la tranquillità anche tra le lenzuola» spiega il sessuologo Alberto Caputo. “Il sesso, come il vino, deve essere decantato per dare il meglio, per liberare ogni sfumatura. Più l’atto è rilassato, più benessere dà al corpo e all’intesa di coppia”.
Slow time per i bambini: rispettare i loro tempi di crescita e di sviluppo non è cosa facile per le mamme moderne che leggono libri e navigano su internet. I bambini non possono essere ingabbiati all’interno di tabelle evolutive perchè ognuno è diverso e unico. Se il figlio della nostra migliore amica, della stessa età del nostro, a un anno parla correttamente tre lingue mentre il nostro si limita a dire mamma, diamogli tempo senza fare paragoni! tempo di crescere secondo i suoi ritmi, rispettandolo pienamente. E se per vestirsi impiega un quarto d’ora, cerchiamo di non fare le cose al suo posto ma aiutiamolo solo se ce n’è veramente bisogno. (questo il mio pensiero di pedagogista!)
Insomma, vivere slow ha i suoi vantaggi e benefici. Ritagliarsi il tempo per fare le cose con calma è possibile anche nella frenesia di tutti i giorni.

martedì 10 aprile 2012

A tavola con Maigret. Intrighi e intingoli



Un omaggio affettuoso di un ammiratore assoluto di Simenon, un gesto d'affetto nei confronti del commissario Maigret, quel personaggio che nella mente dei lettori e degli spettatori meno giovani ha, come dice l'autore stesso nella prefazione, il volto di Gino Cervi.

La grandezza di Simenon e il suo essere un narratore naturale è provato dalla quantità di opere che ha scritto e lasciato per il nostro piacere, molte delle quali non sono ancora state tradotte e pubblicate in Italia. Ogni qualvolta però esce un suo  romanzo, nuovo per il pubblico italiano, balza immediatamente ai vertici della classifica, convalidando l'idea che anche se scritta cinquant'anni prima, una sua opera risponde alle esigenze del pubblico di oggi, anche il più giovane.

Ma torniamo a questo A tavola con Maigret: quale maggiore piacere può gustare un ammiratore del nostro commissario che tentare di riprodurre le ricette che trapelano qua e là dai romanzi? ricette spesso semplici, ma con tutto il profumo del giallo e di Parigi.

L'idea geniale è stata quella di inventare delle storie che vedessero per protagonisti proprio i personaggi della serie di Maigret, il famoso commissario, la signora Maigret, i colleghi...
Saranno loro, e primo fra tutti il nostro grande "eroe",  ad accompagnare per bistrot e trattorie il narratore. Ma in questo girovagare parigino accadranno anche cose inaspettate, così da animare il racconto che si trasforma in vero e proprio romanzo giallo.  


Nella seconda parte del libro invece l'omaggio è ancora più evidente: vengono trascritte ricette di piatti e di specialità estrapolandole dai romanzi, annotando però la fonte e completando l'informazione con alcune note sempre interessanti.

In conclusione: un libro che si legge come un giallo, un libro che si consulta come un ricettario.
Due buoni motivi perciò per tenere presente questo volume anche come ottimo regalo da fare a tutti coloro che amano appassionatamente l'opera di Georges Simenon e che considerano il buon commissario quasi come uno di famiglia.





Il cibo trova sempre coloro che amano cucinare! (Gusteau)


 Ratatouille 

  Rémy è un ratto che vive poco lontano da Parigi, nella soffitta di una casa di campagna abitata da una signora anziana ma agguerrita. Il topino ha un fratello di nome Emìle, e un padre, di nome Django, che è il capo della grande colonia di ratti che abita nella casa. Rémy, contrariamente ai suoi simili, possiede un olfatto ed un gusto molto raffinati, che lo portano a non voler mangiare dalla spazzatura come fanno i suoi simili, nonché di camminare poggiando a terra le zampe che usa per mangiare.
A causa di questo, Rémy viene scelto come "esaminatore" olfattivo per tutta la colonia, ed ogni volta che un membro della colonia porta qualcosa da mangiare, Rémy lo annusa e dice se il cibo sia mangiabile o no. L'idolo di Rémy è il famoso ed eccentrico chef francese Auguste Gusteau, la cui filosofia è Chiunque può cucinare, titolo del suo libro che ha ispirato Rémy. Ma dopo una recensione negativa da parte del critico gastronomico Anton Ego, il ristorante di Gusteau ha perso una stella delle sue cinque. In seguito Gusteau è morto, e per questo motivo il ristorante ha perso un'altra stella ed è caduto in disgrazia. Ego è un raffinato e ipercritico gastronomico senz'anima, giornalista di fama internazionale, specialista nella valutazione della qualità dei ristoranti di alto livello, determinandone con il suo giudizio il successo o la rovina.
Un giorno la colonia di cui Remy fa parte viene scoperta dalla signora, che prende a fucilate i topini, che così sono costretti a fuggire su barche di fortuna, lungo un affluente della Senna. Nella confusione della fuga Rémy rimane indietro per salvare il libro del suo affezionatissimo cuoco e si perde nelle fogne di Parigi, finendo in una grossa cascata. Lo aiuta il fantasma di Gusteau, che lo conduce proprio all'interno del suo ristorante, attualmente gestito da quello che era il vice di Gusteau, un bieco affarista chiamato Skinner.
Mentre Rémy osserva i cuochi al lavoro, arriva un giovane, Linguini, che viene assunto come sguattero solo per pietà nei confronti della madre Renata, una vecchia fiamma di Gusteau, che lo raccomanda. Linguini è maldestro e incapace perfino di fare lo sguattero, e mentre pulisce per terra fa cadere la pentola della zuppa che finisce per metà sul pavimento. Per non farsi scoprire, la riempie d'acqua e per darle sapore aggiunge spezie e verdure a caso, ottenendo un intruglio orribile che quando lo assaggia lo fa vomitare. Allora il topo, dapprima inorridito, cerca di scappare per tornare a casa, ma quando passa davanti alla pentola della zuppa non resiste alla tentazione di modificarla e butta dentro verdure e altri ingredienti che correggono il sapore della zuppa.
Linguini è scoperto da Skinner con il mestolo in mano e sta per essere licenziato in tronco con l'accusa di aver cucinato, ma la zuppa nel frattempo è stata servita in sala, a Soren Le Claire, nota critica gastronomica, che il giorno dopo recensisce il ristorante in modo molto positivo. Gli altri cuochi, non sapendo ovviamente del topo, credono che sia stato Linguini a cucinare la nuova zuppa, e per questo gli viene chiesto di prepararla di nuovo.
Rémy però viene scoperto e catturato; l'esecuzione è affidata a Linguini che lo porta sulla Senna per annegarlo ma si accorge che il ratto è intelligente, e che sarebbe in grado di collaborare. Rèmy e Linguini si mettono d'accordo e decidono di collaborare. Il topo guida Linguini come fosse una marionetta, infatti il ragazzo muove gli arti in modo sincrono quando il topo gli tira certi ciuffi di capelli, come se fossero le briglie di un cavallo. Rémy ne approfitta quindi per esprimere il suo grande talento gastronomico, per mezzo di Linguini che se ne prende il merito.
Non tutto va così liscio: il capocuoco Skinner è invidioso e prova a screditare Linguini dicendogli di cucinare l'unico piatto di Gusteau che non ha mai avuto successo, le animelle di vitello, che viene però modificato da Rémy all'ultimo momento nonostante l'opposizione di Colette Tatou, l'unica cuoca donna del ristorante, per cui Linguini sembra avere un debole. Il piatto modificato riscuote un grande successo e lo chef Skinner è incredulo, sospetta qualcosa ma non riesce a capire bene cosa ci sia che non va.
Un giorno riceve il risultato di un test del DNA, svolto tramite il suo avvocato, che anziché tranquillizzarlo gli rivela che Linguini è il figlio sconosciuto di Auguste Gusteau. Inorridito, Skinner capisce che lo sguattero diventerà il padrone e cerca di correre ai ripari ma Rémy se ne accorge e porta via la lettera del testamento, per cui Linguini riesce a prendere possesso del locale del padre ed a salire alla massima carica di chef.
La delizia dei piatti preparati con l'abilità di Rémy e la prestanza di Linguini fanno riacquistare una stella al locale, incuriosendo Anton Ego che decide di voler testare i piatti preparati dal nuovo chef. Nonostante gli impegni, ma anche le preoccupazioni di Linguini, quest'ultimo va da Rémy a chiedergli scusa, ma a causa di un errore di Emìle, che nel frattempo ha ritrovato il fratello e gli ha mostrato la nuova casa della colonia, tutti i ratti vengono scoperti e cacciati fuori da Linguini.
Il giorno dell'arrivo di Ego, Linguini confessa a tutti che l'artefice di tutti quei piatti non era lui ma Rémy, e i suoi colleghi, inorriditi, se ne vanno tutti, compresa Colette. Ma Rémy ha un'idea: ha intenzione di suddividere l'intera colonia in "gruppi", ed ognuno di questi gruppi dovrà occuparsi di una determinata azione di cucina.
Alla fine Ego, pur essendo inizialmente prevenuto contro il ristorante, assapora una rielaborazione della ratatouille, piatto originariamente povero, che improvvisamente fa tornare alla mente di Ego i ricordi della sua infanzia, quando mangiava la ratatouille preparata dalla mamma.
La cucina di Rémy riesce a conquistare il critico, che vuole a tutti i costi conoscere il cuoco. A quel punto Linguini e Colette decidono di dirgli la verità, presentando il topo chef al critico gastronomico che scrive una recensione lusinghiera sul locale che guadagna un'altra stella, riconquistando le cinque stelle.
Ma Skinner denuncia all'autorità sanitaria la presenza di topi in cucina e fa chiudere il locale. Ego viene quindi screditato come critico e decide di ritirarsi. Ma Linguini, Colette e Rémy non si perdono d'animo, così aprono un nuovo ristorante, il Ratatouille, locale più piccolo ma molto frequentato, dove la gente mangia in sala, e la colonia di topi si trasferisce in soffitta, dove c'è un ristorantino apposta per loro. Quanto al critico Ego, egli diventa un assiduo frequentatore del nuovo bistrot, assaporando la gamma completa dei piatti preparati dal topino Chef Rémy.






lunedì 9 aprile 2012

Gualtiero Marchesi


 "la cucina è di per se scienza, sta al cuoco farla divenire arte"  

Una vocazione cercata  

Quella di Gualtiero Marchesi per la cucina è stata una vocazione, ma una vocazione cercata, prima accolta attraverso l’esempio dei genitori che possedevano l’albergo ristorante Al Mercato, in via Bezzecca, a Milano, e poi messa, continuamente in discussione.
La passione per il disegno e per la musica, l’opera in particolare, c’erano già come la fame

di letture e, ogni giorno, il lavoro impostato con rigore e sensibilità distingueva quel ristorante da altre cucine quotidiane, spingendo Gualtiero Marchesi a pensare in meglio.
Per un ragazzo nato nel 1930, la svolta arriva nel dopoguerra, mischiando la propria energia a quella di un intera nazione. Non è solo il desiderio di conoscere, di muoversi, di fare esperienza, ma soprattutto di misurarsi con il resto del mondo, misurando fino in fondo le capacità personali a partire dagli anni di apprendistato al Kulm di Saint Moritz e alla Scuola alberghiera di Lucerna.
Il gusto per la sfida avrebbe permesso a Marchesi di primeggiare in altri campi, lasciando comunque un’impronta di sé. È un fatto di selezione, di cromosomi. A lui riuscivano bene anche correre in bicicletta, tirare di fioretto, giocare a biliardo o ballare. Per il fatto di avere al musica nel sangue e di essersi innamorato di una concertista, troverà naturale prendere lezioni di piano dalla futura moglie.
Del resto, solo l’inquietudine dei curiosi può essere così forte di lasciare che si chiudesse

il capitolo del ristorante familiare nonostante i suoi successi, condivisi con ospiti come Mario Monicelli, Giovanni Testori, Gianni Agnelli, Luchino Visconti, Federico Fellini, Francesco Monzino  per emigrare, a quarant’anni, sposato e padre di due figlie, in Francia.
Saranno ancora due anni di studio, decisi proprio nell’anno in cui esplodeva il Sessantotto, andando a bottega da i fratelli Troisgros, al ristorante Ledoyen a Parigi e al Chapeau Rouge

di Digione, aprendo gli occhi e la mente alle novità che di lì a poco daranno sostanza e forma alla Nouvelle Cuisine.
«Tornai a casa – ricorda Marchesi – solo quando fui sicuro di aver imparto la semplicità».
È questo un tema capitale che, prima, con l’apertura del ristorante in via Bonvesin de la Riva, fino ad oggi con il menu futuribile, intitolato – cucina contraddistingue la sua ricerca che dalle vette della tecnica, solo apparentemente minimalista, porta all’evidenza sostanziale della materia.
«La forma è materia» – ripete, infatti, spessissimo.
Apre il suo primo ristorante milanese nel 1977, conquistando la prima stella Michelin,seguita, l’anno successivo, da una seconda.

A due anni dall’apertura, i gastronomi Gault e Millau, nel corso di un'intervista al Time,
lo annoverano tra i quindici ristoranti al mondo che preferiscono. La terza stella arriva nel 1985, primo in Italia ad ottenerla.
Nel 2008, sarà anche il primo, ma questa volta al mondo, a riconsegnarle tutte, convinto che, ormai, si tratti di un gioco al rialzo, dove si sale e si scende per tenere alto il buon umore e le fortune dei critici.
«L’ho fatto anche per dare un esempio e dire ai giovani che la passione per la cucina non può essere subordinata ai voti. Molti di loro, invece, si sacrificano solo in funzione del giudizio, lavorano astrattamente per avere la stella. Non è sano né giusto».

Il rispetto del sapere e la sua condivisione con chi si avvicina al mestiere del cuoco fanno da cardine ad un carattere impulsivo e aperto, strutturato in funzione dell’emozione.
Il carattere di un artista che cerca nel colpo d’occhio il gesto risolutivo, tale da allineare idee e convinzioni, l’appetito del bello e l’appetito del buono.
Vent’anni dopo Bonvesin de la Riva, Gualtiero Marchesi apre il suo ristorante in Franciacorta, all’Albereta di Erbusco.
Un viaggio dalla città alla campagna che non sarà di sola andata, e che dopo varie tappe a Parigi, Roma e Cannes lo scopre a ripensare a Milano nel 2008, con il Ristorante Teatro Alla Scala 'IL MARCHESINO'.

Il Marchesino, ritorno a Milano nel tempio italiano della Musica lirica per proporre la sua cucina totale con un servizio ininterrotto dalle 8 del mattino al dopo Scala.
Innumerevoli sono i riconoscimenti e i premi, meritati nell’arco di una carriera lunga più di sessant’anni, ma quello che più si avvicina al compito del maestro è il ruolo di rettore di Alma,

la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, fortemente voluta da Marchesi, inaugurata nel 2003 all’interno della Reggia di Colorno.
Arrivato al traguardo degli ottant'anni Marchesi si è reso conto che il suo compito era creare una Fondazione che potesse custodire e valorizzare il suo 'sapere' e che sarà attiva nella diffusione "del bello e del buono" approfondendo le ispirazioni artistiche fondamentali per la cucina creativa.

venerdì 6 aprile 2012

"CON IL SOLITO RITARDO... "di Raffaele Marini











Martedi 03/04/2012
Con il solito ritardo

Scrivo dal banco degli ipocriti;
perché, come tutti gli ipocriti, mi accorgo dopo, a fatto avvenuto, a perdita effettuata. E come gli ipocriti dico la mia, senza mai aver veramente fatto qualcosa per ciò che si è perso e divento consapevole che la responsabilità della perdita, pure se infinitesimamente piccola, è anche mia.
Ho appreso da un amico, nel primo pomeriggio di ieri della mancanza... della chiusura... del fatto che Porthos non verrà più pubblicata. All’inizio la titubanza, il dubbio, poi la certezza che arriva dalla mia posta elettronica che è come un lutto ineluttabile che si apprende solo dopo aver visto il cadavere.
Ancora meglio, un’amputazione; sì, l’amputazione del braccio sinistro però, quello che si utilizza solo nel momento del bisogno estremo, solo per i lavori sporchi, quello che usi solo quando, appeso penzolante a un burrone, senti che solo con il destro non riesci a sostenere il peso; sì, quello stesso braccio per cui, se si fosse avuta una consapevolezza diversa, forse si sarebbe divenuti più forti, più solidi e forse più liberi.
Ma il punto focale è che solo dopo la perdita si diventa consapevoli dell’importanza di quell’arto, quando ormai il recupero è impossibile.
Porthos è una rivista che ho seguito con passione e distacco, il distacco che si riserva a chi si pensa che sia sempre forte, sempre presente e, forse, istituzionale. Sì, ho parlato in giro di Porthos, a volte l’ho propagandata, ma solo sporadicamente mi sono abbonato a essa, pur ritenendola la più autorevole rivista del vino, l’unica in grado di rivoluzionare questo mondo prezzolato e mercificato dalle guide. Porthos, soprattutto nella figura di Sandro Sangiorgi, è stata in questi anni fonte di forza e ispirazione, nonché un appoggio sempre presente per quanti cercassero una prospettiva diversa, forse più sensibile, forse più illuminata, sicuramente la più pioneristica nel mondo del vino e che ha portato, a quanti come me vi si sono solo affacciati, a una realtà diversa, a un approccio poeticamente tangibile. Porthos è stata una ricerca costante e un raro approfondimento che ha cambiato per sempre l’approccio alla degustazione e la percezione sensoriale di quella liquida materia piena di odori che diviene cultura e territorio, storia e persone, se trasmessa come Porthos la trasmetteva.
Addio Porthos e grazie per quanto in questi anni ci hai dato e scusa se in molti non siamo stati in grado di ricambiare.
Raffaele Marini
Se ammettiamo che l'essere umano possa essere governato dalla ragione, ci precludiamo la possibilità di vivere.
                                                                                                                                                          Christopher McCandless

 Porthos è una cellula di resistenza creativa.
Indipendenti da sempre ci occupiamo di vino, cibo e cultura. Abbiamo un
Manifesto, pubblichiamo una Rivista, editiamo Libri e organizziamo Corsi.
Puoi sostenerci
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giovedì 5 aprile 2012

La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene (rist. anast. 1907) di Pellegrino Artusi

 Il famoso ricettario di Pellegrino Artusi (Forlimpopoli 1820 - Firenze 1911), che ancora oggi conta un grande numero di edizioni e una vastissima diffusione, raccoglie 766 ricette, dai brodi ai liquori, passando attraverso minestre, antipasti, secondi e dolci. L'approccio è didattico e le ricette sono accompagnate da riflessioni e aneddoti dell'autore. "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" ebbe il grande merito di imporre, per la prima volta, una visione unitaria ed economica della cucina italiana, valorizzando le tradizioni regionali ai fini di una tradizione gastronomica "nazionale".

martedì 3 aprile 2012






PASQUA Al "Vicoletto 1563"


Spiedini di coratella di agnello,  gambi di carciofo e Cheesecake salata di ricotta

Ravioloni ripieni di patate e menta su crema di carciofi e scaglie di pecorino

Stracotto di agnello marinato al caffè con verdurine di primavera
o
Fagottino di maiale con mollica pecorino e confettura di cipolle rosse

Nido croccante  con crema soffice al cioccolato bianco e colomba grigliata

Acqua, caffe, € 30.00 a persona.

 Sono gradite le prenotazioni.


"Il Vicoletto 1563"

Telefono
  • 3395829713  Cellulare
  • 0761754073  Lavoro

Indirizzo
  • Piazza della Repubblica nr 18/19
  • 01039 Vignanello, Italy

E-mail
  • ilvicoletto.1563@libero.it