domenica 29 maggio 2011

"La torta in cielo" di Gianni Rodari


E se un giorno comparisse nel cielo di una nostra città una specie di misterioso disco volante? Gli adulti penserebbero subito ad un'invasione di terribili extraterrestri, preparerebbero contromisure, chiamerebbero l'esercito, arruolerebbero schiere di scienziati e di ricercatori. E' quello che succede nella pacifica borgata romana del Trullo sconvolta dal misterioso oggetto spaziale. Due simpatici bambini, Paolo e Rita, però, non credono alle apparenze e i fatti danno loro ragione: insieme ai loro amici gusteranno una meravigliosa torta scesa dal cielo.

domenica 15 maggio 2011

Made in Tuscia Premiata la birra Dalhia

«Una birra prodotta nella Tuscia, la Dalhia della bottega birraia artigianale «Turan» di Montefiascone, ha conquistato il terzo posto nell'edizione 2011 dell'Italia beer festival di Roma.



Ai due fondatori dell'azienda, Massimo Serra e Orazio Laudi, vanno i miei complimenti e il sostegno del mio assessorato». Così Angela Birindelli, assessore alle politiche agricole e alla valorizzazione dei prodotti locali della Regione Lazio, commenta il riconoscimento ottenuto nei giorni scorsi da due giovani birrai viterbesi. «Il successo ottenuto da Serra e Laudi - aggiunge Birindelli - è ancora più significativo se si considera che la Turan (dal nome della dea etrusca dell'amore, della fertilità e della vitalità nonchè protettrice dell'antica città di Vulci) è stata costituita solo nel febbraio 2010». Ad avviso dell'assessore, la Dalhia entra a pieno titolo nel novero dei prodotti di qualità made in Tuscia che meritano di essere sostenuti e promossi. «Anche perchè - sottolinea - come hanno spiegato i giovani birrai, il loro prodotto si rifà direttamente alla madre di tutte le birre, quella 'inventatà dagli etruschi circa venticinque secoli fa sulle sponde del lago di Bolsena». Infine, l'assessore annuncia che farà promuovere la birra della Turan dall'Enoteca Regionale e favorirà la partecipazione della stessa nelle rassegne di settore.

giovedì 5 maggio 2011

"Pane, fame e salame..." di Teresio Bianchessi

"Bisogna avere l'appetito del povero per godere appieno la ricchezza del ricco".

Questa splendida citazione di A.de Rivarol è una delle tante perle di saggezza di questo libro deliziosamente "fuori tempo" .  Definire questo volume è impresa assai ardua: forse un manuale, forse un ricettario, forse una malinconica riflessione su un mondo contadino che sta ormai scomparendo o forse ancora una caustica apologia della miseria... certo, anche la personalità assai complessa e sfaccettata del suo autore.
Con Pane, fame e salame, insomma, è difficile discernere l'ironia dal sentimento, i ricordi d'infanzia dalla celebrazione della genuinità. Quello che è certo è che il libro affascina e appassiona grazie alla sua filosofia semplice e accattivante ("La fame, più che l'appetito, era l'ingrediente fondamentale della cosiddetta cucina povera"), ma anche al suo stile di racconto al tempo stesso minimalista e commovente, un po' deamicisiano, se il paragone è lecito.

Il ricettario è strutturato in capitoli, uno per ogni pasto (colazione, pranzo, merenda e cena) più due "speciali" dedicati al pane e al maiale. In ogni sezione trovano posto diverse ricette, rigorosamente "povere" e legate alla tradizione rurale, ciascuna delle quali è associata a un breve episodio nella vita di una famiglia contadina. In alcuni casi ci troviamo di fronte a vere e proprie pietanze (interiora di pollo, risotto con i fagioli), ma più spesso le ricette rivelano fin dal titolo la loro essenzialità: ne sono esempi il pane, burro e zucchero, la granita di neve, o addirittura gli avanzi. "Specialità" di certo poco gradite ai gastronomi ma che bastano - o bastavano - a far felice chi deve, e sa, accontentarsi di poco. Come i bambini, principali protagonisti dell'epopea.
Il fascino di questa piccola, ma significativa opera è proprio nella sua capacità di celebrare il momento di sincera commozione e felicità che accompagna, da sempre, il rito del mangiare, anche nelle situazioni più difficili ed economicamente disagiate; e anche se i ricordi dell'autore sono strettamente legati a un luogo e a un momento ben definiti, siamo certi che pochi lettori rimarranno indifferenti di fronte alle suggestioni d'infanzia che queste pagine sanno ricreare.

sabato 30 aprile 2011

Andy Warhol

"Un filo d'olio" di Agnello Hornby Simonetta

Tra i sapori e profumi delle ricette di casa Agnello ci sono quelli, mai nostalgici ma sempre intensi e fragranti, del tempo trascorso a cui il talento della scrittrice dona il gusto dell’eterno presente della vita. «Da anni desideravo trascrivere le ricette dei dolci di nonna Maria, annotate da lei in un quadernetto con le pagine numerate e corredato di indice, un libro vero e proprio. Avevo in mente un lavoro a quattro mani con mia sorella Chiara; nonostante da quarant’anni viviamo in isole diverse, ogni estate ci ritroviamo a Mosè – la nostra campagna – e cuciniamo ancora come ci hanno insegnato mamma e zia Teresa.[...] L’idea era quella di far rivivere la cultura della tavola di casa nostra attraverso le sue ricette, fotografie d’epoca e alcune pagine “narrative” per le quali avrei attinto ai nostri ricordi e ai racconti di mamma». Le ricette qui raccolte sono quelle degli anni e delle villeggiature delle due sorelle. E dalle pagine del ricettario familiare, limate dall’uso e dagli aneddoti, riaffiora tutto un mondo perduto di personaggi, di atmosfere e di sensazioni, i molti fantasmi benevoli che affollavano i giorni assolati di due bambine, in una grande casa padronale di metà Novecento.

Il pranzo di Babette, ovvero: “Un grande artista, mesdames, non è mai povero. Abbiamo qualcosa, mesdames, di cui gli altri non sanno nulla."


Racconto tratto dalla raccolta “Capricci del destino” di Karen Blixen destinato a diventare celebre per la traduzione cinematografica che vinse un premio Oscar come miglior film straniero
“Il pranzo di Babette” narra la storia di questa donna, Babette,  costretta a fuggire da Parigi in un piccolo e grigio villaggio. Lei riuscirà, grazie alla sua dote artistica e alla fortuna ereditata da un lontano parente, a portare alla gente di questo luogo emozioni che trasformeranno per sempre gli abitanti del posto. Come? Organizzando un pranzo dove tutti sono invitati.. Un pranzo luculliano, al di fuori di ogni abitudine e conoscenza degli abitanti del villaggio, che, in qualche modo, verranno liberati da una sorta di anestesia e moralismo. Per questa ricorrenza Babette ordina i cibi più raffinati, tovaglie e stoviglie pregiate, liquori e vini sconosciuti ai palati dei compaesani. Tutto questo sembra portare una nuova vitalità e irrompe nella monotonia di tutto il villaggio.

Ho visto il film e poi letto questo delizioso racconto e naturalmente quello che più mi ha affascinato è stata la preparazione del pranzo. Curare tutti i particolari per il solo piacere di realizzare delle “opere d’arte” da una gioia immensa, che ripaga ogni fatica e ogni angoscia.
Perché chi cucina, chi mette amore in ciò che fa e propone, crea delle opere d’arte….

Alla fine di un altro lungo silenzio Babette fece all'improvviso un sorrisetto, e disse:
" E come potrei tornare a Parigi, mesdames? Io non ho danaro."
" Non avete danaro?" gridarono le sorelle, come con una bocca sola. "No," disse Babette.
" Ma i diecimila franchi?" chiesero le sorelle, ansimando inorridite.
" I diecimila franchi sono stati spesi, mesdames, " disse Babette.
Le sorelle si misero a sedere. Per un intero minuto non riuscirono a parlare.
" Ma diecimila franchi?" sussurrò lentamente Martina.
" Che volete, mesdames," disse Babette, con grande dignità.
« Un pranzo» per dodici al Café Anglais costerebbe diecimila franchi.....
"Cara Babette," disse con dolcezza, " non dovevate dar via tutto quanto avevate per noi".
Babette avvolse le sue padrone in uno sguardo profondo,
uno strano sguardo: non v'era, in fondo ad esso, pietà e forse scherno?
"Per voi?" replicò. "No. Per me."
Si alzò dal ceppo e si fermò davanti alle sorelle, ritta. "Io sono una grande artista," disse. Aspettò un momento, poi ripetè: "Sono una grande artista, mesdames."
Poi, per un pezzo, vi fu in cucina un profondo silenzio.
Allora Martina disse:"E adesso sarete povera per tutta la vita, Babette?"
"Povera?" disse Babette. Sorrise come a se stessa. "No.
Non sarò mai povera. Ho detto che sono una grande artista.
Un grande artista, mesdames, non è mai povero. Abbiamo qualcosa, mesdames, di cui gli altri non sanno nulla."

Menù de “Il pranzo di Babette”

Vini

lunedì 25 aprile 2011

I migliori 50 ristoranti al mondo

Si è tenuta da poco a Londra l'annuale premiazione dei cinquanta migliori ristoranti esistenti al mondo: " The San Pellegrino  Word's 50 best resturants 2011". Il vincitore è il  "Noma" che si trova a Copenhagen in Danimarca, gestito dallo Chef, Rene Redzepi. E' un onore avere il primo cuoco italiano immediatamente al quarto posto: Massimo Bottura, con il suo ristorante "Osteria Francescana". Ma sopratutto è un grande onore che l'unica Chef donna presente tra i primi 50 sia un' italiana. Nadia Santini gestisce la cucina del ristorante "Dal Pescatore" si può dire da sempre, visto che questo ristorante è stato aperto dai suoi bisnonni nel 1925!. 
Se siete curiosi e volete altre notizie su questa manifestazione potete andare a visitare direttamente il sito http://www.theworlds50best.com 


Maria Antonietta Lucchesi